venerdì 11 Luglio 2025 San Mosè l’Etiope Anacoreta

Pur avendo il nome del biblico legislatore, la prima parte della sua vita fu quella di un pregiudicato violento ed astuto. Di origine etiopica, aveva avuto la fortuna di entrare presto al servizio di un personaggio molto ricco. Ma cominciò a derubarlo, facendosi cacciare e mettendosi poi a rapinare un po’ tutti, ricchi e poveri. Conosciamo la sua vita, attraverso il racconto di uno scrittore nato in Asia Minore: Palladio, detto “di Eliopoli” in quanto divenne vescovo di questa città della Bitinia, nell’attuale Turchia asiatica, sul Mar Nero. Palladio, è noto in particolare come amico e difensore di san Giovanni Crisostomo (350 circa – 407) il patriarca di Costantinopoli combattuto, esiliato e poi riabilitato da morto e nella letteratura Cristiana, ha avuto lunga fama per un suo libro scritto in greco: la “Storia Lausiaca” dedicata a Lauso, un dignitario dell’imperatore orientale Teodosio II. Palladio racconta dunque, che il brigante Mosè l’Etiope, aveva una sua banda che compiva incursioni in tutto l’Egitto, soprattutto nelle campagne indifese e che dopo le rapine si abbandonava con i suoi uomini a sfrenate baldorie. Doveva essere dotato di eccezionale forza fisica, poichè ancora Palladio, racconta che per vendicarsi di un contadino che aveva sventato un furto lo ha inseguito attraversando a nuoto il Nilo, tenendo la spada stretta fra i denti. La sua carriera di rapinatore dev’essere durata piuttosto a lungo, perché sempre Palladio scrive:

“Questo grande peccatore tardivamente fu toccato dal pentimento in seguito a qualche grave rovescio”.

Insomma, più che una fulminea illuminazione, ci dev’essere stato in Mosè ‘Etiope un mutamento graduale ma duraturo e senza alcun ripensamento. Anzi, Mosè, riesce a convertire anche uno dei suoi peggiori complici, colui che condivideva la sua colpa nei misfatti sin dalla giovinezza. Ed a questo punto comincia la seconda vita di Mosè l’Etiope, che da rapinatore è diventato vero monaco. Vive nella sua cella, prega da solo e con gli altri suoi Fratelli in Cristo. interessante è la conversione di quattro rapinatori che avevano fatto irruzione nella sua cella senza riconoscerlo e che egli aveva immobilizzati, legati e portati sulle spalle davanti agli altri monaci, riuniti in chiesa, per chiedere cosa fare di loro domandando:

“Ora io non posso più fare male a nessuno; allora, che cosa faccio di questi?”

A quel punto i ladri si convertirono a loro volta, dicendo:

“Se questo Mosè, un tempo così grande nelle rapine, adesso ha sentito il timor di Dio, noi che cosa aspettiamo a fare altrettanto?”

Ma quella di Mosè, non fu una conversione tranquilla, perchè a volte il passato tornava con i suoi richiami ed “I demoni lo spingevano all’antica consuetudine di sfrenata lussuria”. Sentendo che da solo non ce la fa a resistere, Mosè, si fa allora guidare dal vecchio monaco Isidoro e riesce gradualmente a liberarsi “al punto che temeva il demonio meno di quanto noi temiamo le mosche”. Infine, poco prima di morire, diventa anche Sacerdote e lascia settanta discepoli. Così il “ladrone insigne” si è trasformato in “insignis anachoreta”.

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