Il ciclo Iconografico delle dodici festività (Dodekáorton) della Chiesa d’Oriente è iniziato e concluso da due importantissime icone mariane: l’Annunciazione e l’Assunzione (o meglio Dormizione, Koimesis).
Anche se il dogma dell’Assunzione, fu proclamato soltanto nel 1950 da papa Pio XII, la Dormizione resta la più grande festa mariana della Cristianità e le prime notizie della sua celebrazione risalgono alla seconda metà del VI secolo. Successivamente, intorno all’anno 600, venne estesa all’intero impero bizantino, per giungere in Occidente, quarant’anni più tardi, grazie a papa Teodoro I, il quale proveniva dal clero di Gerusalemme. Il termine “Dormizione” viene ripetutamente usato nel nuovo testamento per indicare coloro che sono morti. A differenza del mondo pagano che chiamava necropoli, o città dei morti, i luoghi di sepoltura, nel mondo cristiano, nella certezza che la morte è solo un “dormire” al quale nell’ultimo giorno seguirà un risveglio, questi assumono il termine di cimiteri, dal greco koimiterion “luogo dei dormienti”. Nell’ VIII secolo, con il papa Sergio I il nome originale della festa mutò in Assunzione. Nell’Assunzione/Dormizione, come nell’Ascensione, la glorificazione di Maria, è modellata su quella di Gesù. Le immagini occidentali, distinguono nella vita di Cristo, due momenti. Prima la morte, la discesa agli inferi e poi la risurrezione. In Oriente, al contrario, la stessa discesa agli inferi, è già la risurrezione, perché, con essa la morte viene superata. Lo stesso concetto viene espresso anche nelle icone mariane: qui la “Dormizione” è già il risveglio nel regno di Dio. La tomba e la morte non prevalsero, infatti, sulla Madre di Dio, che prega ancora incessantemente per noi e resta ferma speranza di intercessione. Come recitano i Tropari della Dormizione, la Sua morte promette la vita. Lei, che ha dato alla luce la vita, è stata trasportata alla vita. Così la sua morte è denominata “Dormizione immortale” (Athánatos Koimesis). Maria, per prima tra le creature umane realizzò la deificazione dell’uomo, che è la conseguenza dell’Incarnazione di Gesù. Come hanno ben detto i Padri:
“Dio si è fatto uomo perché l’uomo possa diventare Dio” (Sant’Ireneo nel II secolo)
“Iddio si fece uomo affinché noi fossimo fatti divini” (Atanasio il Grande)
A mostrare questa divinizzazione, fu la Madre di Dio, poiché, come dice il Santo Kabásilas, mostrò l’uomo come era in principio, nel Paradiso e come sarebbe divenuto in seguito. Questa che la Vergine attinse è la gloria più grande di tutte le altre: esser fatta risuscitare prima della Resurrezione comune, divenire incorruttibile prima del tempo dell’incorruttibilità, essere glorificata prima che avvenga il giudizio e l’esame, ricevere il compenso prima che giunga il giorno della ricompensa ed infine, essere fatta segno di onori simili a quelli rivolti al suo Figlio. Le uniche notizie di cui disponiamo sulla morte, resurrezione ed Assunzione di Maria, provengono dai testi apocrifi e dagli scritti dei Padri della Chiesa. E’ probabile che Maria, sia morta ai tempi della guerra giudaica, fra il 66 ed il 70 quando, durante l’assedio di Gerusalemme, i Cristiani, si rifugiarono al di là del Giordano. Risulta, infatti poco probabile, che San Giovanni, fosse partito per l’Asia Minore, lasciandola sola. Gli scritti apocrifi narrano che quando nostro Signore Gesù Cristo decise di avere per sempre accanto a sé sua Madre, inviò l’arcangelo Gabriele perché le manifestasse questo desiderio, rivelandole il giorno del trapasso. Una volta apparso l’angelo a Maria, questi le disse:
“Questo dice tuo Figlio: è ora che mia madre sia sempre con me, non ti sconvolgere per tutto ciò, perché passi alla vita eterna”.
La Madre santa esultò, tuttavia espresse il desiderio di rivedere gli Apostoli. Il messaggero di Dio, gli rispose:
“Verranno a te, canteranno degli inni al tuo cospetto e faranno i tuoi funerali”.
Ella, allora, salì sul monte degli Ulivi, là dove era sua consuetudine raccogliersi in preghiera e mentre saliva, gli alberi abbassavano miracolosamente le loro cime, come se fossero vivi e umani ed intendessero venerare in tal modo la Signora del mondo. Compiuta la sua preghiera dinanzi a Dio, la Vergine ridiscese a casa, si apprestò a preparare il suo letto funebre, ed attese. Intanto, nel cielo apparvero delle nubi, che avevano trasportato da ogni dove tutti gli Apostoli, tranne Tommaso, che arrivò solo tre giorni dopo e li posarono davanti alla casa di Giovanni, nel Getsemani ove abitava anche Maria. La Chiesa, tutta, da tutte le parti del mondo, si riunì dunque, nella città di Davide, attorno alla sua Santa Madre. Lei li consolò, li benedisse, pregò per la pace del mondo e morì. Gli apostoli, la seppellirono nel Getsemani. Dopo tre giorni, all’arrivo di Tommaso, questi volle vedere la tomba di Maria, per venerarne il corpo, ma una volta aperto il sepolcro, vi trovarono soltanto dei fiori. La Chiesa, quindi, maturò ben presto l’intuizione secondo cui il corpo di Maria, è per grazia di Dio “consustanziale” a quello del Figlio e non era pertanto possibile che questo fosse rimasto prigioniero della morte. Così, al Dio fatto uomo, corrisponde l’uomo deificato ed il primo essere umano presente, anima e corpo, nella gloria divina è la “Donna vestita di sole” di cui parla l’Apocalisse. Il corpo di Colei che aveva accolto in sè Dio accompagnato fuori casa e compianto tra canti d’Angeli e d’Apostoli, venne deposto in un tumulo nel Getsemani. In detto luogo il canto e gli inni degli Angeli, continuarono a risuonare senza sosta per tre giorni. Dopo il terzo cessati i Cori Angelici, gli Apostoli presenti, poiché era mancato uno di essi (l’assente Tommaso) ed era giunto anche lui dopo quel terzo giorno e desiderava adorare il corpo che aveva accolto in sé Dio, aprirono il tumulo. E non riuscirono assolutamente a trovare il gloriosissimo corpo, cosicché, dopo avervi reperito solo le sue vesti funebri buttate lì ed intrise dell’ineffabile profumo che da esse promanava, riassicurarono il tumulo. Le Icone della Dormizione, quale sublime genere letterario, sono costruite sia sul modello epico, sia su quello del trattato teologico. Il primo, racconta in ordine cronologico ed in modo quanto più fedele possibile alla verità, un determinato evento, mentre il secondo, esprime una o più Verità di Fede. In questo modo la lettura dell’Icona, inizia dall’alto con il miracoloso arrivo degli Apostoli su delle nuvole a forma di conchiglia, trasportati dagli Angeli. Questi con un movimento centripeto si dirigono verso il vero centro dell’Icona: il Cristo. Scendendo con lo sguardo, progredendo quindi temporalmente ritroviamo gli Apostoli, chinati intorno al corpo di Lei. Nei lati più vicini alla Vergine, si trovano San Pietro, a cui Cristo ha affidato la Chiesa e che cosparge d’incenso il capo della Tutta Santa e San Paolo, il grande apostolo delle genti del mondo civilizzato, che ai suoi piedi si inchina in atteggiamento di venerazione quasi dicendo:
“Salve, Madre della vita, anche se non ho conosciuto tuo Figlio corporalmente sulla terra, guardando te, è come se vedessi Lui stesso”.
E’ evidente la volontà di mettere in rilievo i due Principi degli Apostoli, quasi dire che essi rappresentano la prua e la poppa della nave celeste, costituita dal corpo della Vergine, il cui albero è Cristo. La Chiesa, è quindi, la nave Celeste, che ci conduce nel porto della salvezza e della nostra santificazione. Dietro gli altri Apostoli, appaiono dei Santi Vescovi, individuabili dalle tipiche croci nere ben in evidenza sulle stole bianche; la tradizione vuole la presenza di Dionigi l’Areopagita, Ieroteo e Timoteo, con in mano i Vangeli. In alcune versioni dell’Icona appaiono anche delle donne in atto di piangere. L’espressione degli Apostoli e dei Vescovi, è di grande dolore, ma al contempo anche di gioia. Sullo sfondo dell’Icona, appaiono spesso due gruppi di edifici simboleggianti Gerusalemme, la città di Davide, ove gli scritti apocrifi vogliono che sia morta la Madonna. In basso, ai piedi dal catafalco su cui è deposta Maria, o dietro di esso, vengono rappresentate una o due candele accese, che simboleggiano sia la chiesa orante, sia il mistero contemplato sull’Icona. San Giovanni Damasceno nella sua seconda orazione, parla anche di un certo Iefonia, un profanatore ebreo, che voleva far cadere per terra quel divinissimo tabernacolo afferrandone il giaciglio con violenza. Ma nell’istante in cui lo sciagurato, voleva mettere in pratica il suo piano entrambe le mani gli caddero a terra mozzate di netto. Solo dopo aver compreso il suo errore ed esser giunto ad un completo pentimento accostatosi al corpo della Vergine, i moncherini si riattaccarono alle avambraccia di Iefonia, facendo sì che questi ritornasse sano. San Giovanni Damasceno, riferiva di questo episodio degli “apocrifi” per significare che Maria, non può essere toccata né dal male né dall’odio. Ella è, infatti interamente consacrata a Dio, che la custodisce gelosamente come ha custodito l’Arca dell’Alleanza da ogni profanazione. Per questa ragione spesso ai piedi del catafalco, viene rappresentata la figura di un individuo con le mani alzate verso Maria e mozzate di netto, mentre l’arcangelo Michele armato di spada gli rimane vicino. La scena simboleggia il severo divieto di avvicinarsi ai misteri della vita dell’aldilà, con la stessa curiosità e soprattutto con gli stessi metodi di conoscenza che sono riservati al mondo fenomenico e scientifico. Al centro dell’Icona la figura di Maria, nelle sue due nature: quella umana, in posizione orizzontale, poggiata su un manto che ci esprime la gioia e la serena accettazione della sua morte. Lo spazio orizzontale del sonno – morte di Maria, però si apre ed appare Cristo, vittorioso, come una linea verticale di luce, che fa dell’Icona una Croce di Gloria. Questo è, forse, il motivo che maggiormente colpisce l’osservatore occidentale: non Maria che sale al Cielo nella Gloria, come siamo abituati a vedere nelle rappresentazioni occidentali, ma il Cristo ,che scende dal Cielo con tutta la Sua Gloria ed attorniato di Angeli. La verticale segna il centro esatto dell’icona. È la linea che indica la benevolenza e l’amicizia del Signore per gli uomini. Questa linea, infatti, si protende fino ad incontrare l’altra, quella orizzontale, che non a caso, è posta nella seconda metà inferiore dell’icona. Essa ha come soggetto il corpo della Vergine: l’umanità, la terra fertile pronta a ricevere il seme. L’incontro delle due linee è vita e redenzione di tutta la creazione e di tutto ciò che è sulla terra, visibile ed invisibile. Gesù, col corpo in atipica torsione a destra, verso la testa di Sua Madre, prende tra le braccia l’anima non disincarnata di Maria e la sorregge, mentre avvolta da bianchissime fasce porta a compimento la Sua nascita nel Regno. Il passaggio da questa vita all’altra si effettua quindi per mezzo del Cristo, della sua presenza che per Maria è l’ “éschaton” la seconda venuta di Cristo nella gloria: l’ultima perfezione del creato è anticipata. Nell’Icona si contempla la realtà della morte: l’anima di Maria, esce dal corpo, ma non scende negli inferi, come corrisponderebbe alla concezione ebraica, tantomeno sale da sè al cielo come vorrebbe la concezione greca platonizzante. L’anima della Madre è presa dalle mani di Cristo, come le anime dei giusti sono nelle mani di Dio. Gesù, tiene in mano l’anima di sua Madre, con la stessa tenerezza con la quale Lei teneva in braccio Dio incarnato, in forma di bambino. Ogni gesto d’amore passa, infatti, nell’anamnesi eterna, nel ricordo eterno di Dio. I gesti che la Madre, faceva al Figlio, Egli ora li ricorda e li strappa alla morte. Noi abbiamo visto la Madre, tenere tra le braccia il Figlio, adesso la situazione è rovesciata ed è il Figlio, che porta in braccio Maria. Se io ti amo e compio verso di te un gesto d’amore, questo è il gesto più bello che tu possa vedere e sicuramente lo ricorderai per sempre. L’amore rende eterne le cose. Per questo Cristo risorto, porta sul suo corpo i fori dei chiodi. Sono il segno che è veramente Lui. Nel momento della crocifissione infatti il Suo Corpo, è stato completamente assunto nell’amore, perciò non poteva rimanere in balia della morte e per lo stesso motivo porterà i segni di quella morte anche dopo. Poiché il corpo della Vergine, nella maternità, è stato tutto in funzione dell’amore, non può essere sottomesso alla putrefazione. La Dormizione è quindi un mistero grande, pieno di speranza per i nostri piccoli gesti d’amore.
Intersecando i due assi mediani della figura umana e divina di Maria, si ottiene un Tau rovesciato, simbolo della resurrezione. Esattamente al di sopra di Cristo, in cima all’arco dell’Icona, si sono aperte le porte del cielo e appaiono due Angeli, anch’essi monocromi, che si chinano con le mani coperte per prendere a loro volta l’anima. San Giovanni Damasceno, nel III Discorso di Lode Engomiastikòs Lógos, dice:
“Ancora, tutti intellettualmente dipartiamoci insieme a Lei che s’è dipartita. Ancora, tutti riponiamo con desiderio i cuori insieme a Lei che discende nella tomba. Circondiamo il santissimo letto. Cantiamo inni sacri aggiungendo alla melodia: salve, Piena di grazia; il Signore è con te. Sii lieta, madre predestinata di Dio. Sii lieta, o prescelta dal volere di Dio prima dei secoli, santissimo fiore della Terra, ricettacolo dell’ardore divino, simulacro santissimo dello Spirito Santo, fonte d’acqua viva, giardino del legno della vita, sarmento di vite divina, fonte di nettare ed ambrosia spirituali, fiume colmo degli effluvi dello Spirito, terra della divina spiga, rosa splendidissima di verginità ed esalante il profumo della grazia, giglio dell’ammanto regale, pecorella che hai generato l’Agnello di Dio, che toglie i peccati del mondo, fucina della nostra salvezza, superiore alle forze angeliche, serva e madre di Dio.”
Terminiamo questa celebrazione della Dormizione della Santissima Madre di Dio, con questa preghiera:
Ave, o Madre all’Agnello Pastore,
Ave, o recinto di gregge fedele.
Ave, difendi da fiere maligne,
Ave, Tu apri le porte del cielo.
Ave, per Te con la terra esultano i cieli,
Ave, per Te con i cieli tripudia la terra.
Ave, Tu sei degli Apostoli la voce perenne,
Ave, dei Martiri sei l’indomito ardire.
Ave, sostegno possente di fede,
Ave, vessillo splendente di grazia.
Ave, per Te fu spogliato l’inferno,
Ave, per Te ci vestimmo di gloria.
Ave, Vergine e Sposa!