Giovedì 2 gennaio 2025 Sant’Ignazio il Teoforo

Oggi la Chiesa Ortodossa, commemora Sant’Ignazio il Teoforo, vescovo di Antiochia, Ieromartire a Roma, sotto Traiano. Sant’Ignazio, fu il terzo Vescovo di Antiochia, in Siria, che era la terza metropoli del mondo antico, dopo Roma e Alessandria d’Egitto e della quale San Pietro, era stato primo Vescovo. Ignazio ne fu degno successore divenendo un pilastro della Chiesa primitiva.
Non era cittadino romano e pare che non fosse nato cristiano e che anzi si sia convertito in tarda età, ma questo non gli impedì di essere un pastore ardente di zelo, tanto che i suoi discepoli dicevano di lui che era “di fuoco” e non soltanto per il nome, che deriva dal termine latino ignis, che vuol dire appunto, “fuoco”. Proprio mentre Ignazio, era Vescovo ad Antiochia l’Imperatore Traiano, dette inizio alla sua persecuzione, che privò la Chiesa degli uomini più in alto nella scala gerarchica e più esposti nella fama e nella santità. Arrestato e condannato “ad bestias” Ignazio, venne condotto, in catene, con un lunghissimo e penoso viaggio, da Antiochia a Roma, dove si allestivano feste in onore dell’Imperatore vittorioso nella Dacia ed i Martiri Cristiani dovevano servire da spettacolo, nel circo, sbranati e divorati dalle belve, “ad bestias” appunto.
Durante il suo viaggio, da Antiochia a Roma, il Vescovo Ignazio, scrisse sette lettere, ardenti di misticismo, che sono considerate non inferiori a quelle di San Paolo, sfolgoranti, invece, di carità. In queste lettere, il Vescovo, avviato alla morte raccomandava ai Fedeli di fuggire il peccato, ma soprattutto di mantenere l’unità della Chiesa. Poi si raccomandava, scrivendo particolarmente ai cristiani di Roma, di non intervenire in suo favore e di non tentare neppure di salvarlo dal martirio. Ecco un passo della sua lettera:

“lo guadagnerei un tanto, se fossi in faccia alle belve, che mi aspettano. Spero di trovarle ben disposte. Le accarezzerei, anzi, perché mi divorassero d’un tratto, e non facessero come a certuni, che han timore di toccarli: se manifestassero queste intenzioni, io le forzerei. Voi non perdete nulla, ed io perdo Iddio, se riesco a salvarmi. Mai più mi capiterà una simile ventura per riunirmi a Lui. Lasciatemi dunque immolare, ora che l’altare è pronto! Uniti tutti nel coro della carità, cantate: Dio s’è degnato di mandare dall’Oriente in Occidente il Vescovo di Siria! Lasciatemi essere il nutrimento delle belve, dalle quali mi sarà dato di godere Dio. lo sono frumento di Dio. Bisogna che sia macinato dai denti delle belve, affinché sia trovato puro pane di Cristo”.

E così, Ignazio, andò incontro al proprio martirio, che avvenne, nell’anno 107.

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